Piazza S. Francesca Romana -
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SCOPRIRE LA CHIESA DI SANTA FRANCESCA ROMANA -
a cura di Tiziana Guariso
A. Itinerario dei SANTI
Quattro figure di Santi che testimoniano una fede autentica in Dio
Santa Francesca Romana (1384-1440) e Santa Rosalia (1128-1165) patrone della nostra parrocchia, San Carlo Borromeo (1538-1584) grande pastore e riformatore della Chiesa Ambrosiana, Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) promotrice del culto
al Sacro Cuore di Gesù, quattro figure di santi che testimoniano una fede autentica in Dio, espressa attraverso un amore concreto per gli uomini e soprattutto per i poveri e i sofferenti.
B. Itinerario CHARITAS et SCIENTIA
La quadreria agostiniana
La presenza in Santa Francesca degli Agostiniani
Scalzi è testimoniata da diversi dipinti che, per tema e personaggi raffigurati, si ricollegano alla storia e alla spiritualità dell’Ordine, il cui motto è appunto “Charitas et scientia”.
C. Itinerario La MADONNA di MONTSERRAT
Tra storia e leggenda
La devozione per la Madonna nera di Montserrat, santuario catalano sui Pirenei, tra i più amati della cristianità, viene introdotta a Milano nella chiesa di S. Francesca Romana attorno al 1720. Autore dell’iniziativa, il frate agostiniano Ignazio di San Domenico che ottiene l’appoggio economico del governo asburgico per erigere un altare dedicato alla Madonna di Montserrat al fine di propagandarne il culto.
A. Itinerario dei SANTI
Quattro figure di Santi che testimoniano una fede autentica in Dio
A1 Calotta cupola sovrastante navata
La Gloria di S.Francesca Romana (Fig.1)
di Luigi Morgari (1857-1935), affresco, 1916 restaurato nel 2010
Fig.1 Fig.2
A2 S.Francesca Romana e S.Carlo Borromeo in adorazione di Gesù deposto dalla Croce e in grembo a Maria
di Carlo Duccu, olio su tela, 1615 restaurato nel 1984
Questa tela faceva da pala d’altare nella primitiva chiesetta di S.Francesca Romana, costruita nel 1610 e affidata alla Confraternita della Santa Croce, istituita da S.Carlo dopo la peste del 1576.
In questo dipinto sono visualizzati i valori spirituali che guidavano i membri della Confraternita: la devozione per la Passione di Gesù e il culto per S.Francesca e S.Carlo, entrambi canonizzati poco tempo prima e spesso raffigurati insieme, per la cura da loro dedicata agli appestati.
A3 Cappella del Sacro Cuore di Gesù
Apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque
di Luigi Morgari (1857-1935), olio su tela, 1920 (anno di canonizzazione) restaurata nel 2014
S. Margherita Maria Alacoque nacque in Francia, in Borgogna, nel 1647. Nella sua autobiografia narra di aver sentito la vocazione alla vita religiosa fin dall’infanzia, quando neppure comprendeva appieno cosa significasse.
All’età di ventiquattro anni, nonostante l’opposizione della famiglia, entrò nel Monastero della Visitazione di Paray le Monial e l’anno seguente divenne suora. La sua vita religiosa venne segnata da esperienze mistiche straordinarie. Gesù le apparve più volte, affidandole il compito di far conoscere agli uomini l’amore appassionato di cui arde il suo Cuore, in modo che essi potessero arricchirsi della sua Grazia e, attraverso la devozione al suo Sacro Cuore, vincere l’indifferenza e rinnovare la propria fede. Le rivelazioni di Margherita furono all’inizio accolte con scetticismo ed ella venne considerata una fanatica visionaria. Successivamente, grazie alle sue rivelazioni, si diffuse la devozione per “quel cuore che ha tanto amato gli uomini”. Nacque così la festa del Sacro Cuore ed ebbe origine la pratica dei primi Nove Venerdì del mese. Margherita morì il 17 ottobre 1690 e fu proclamata santa da papa Benedetto XV nel 1920.
La santa viene raffigurata mentre, in preghiera, riceve la visione di Gesù splendente di gloria, che le mostra il suo Cuore infiammato d’amore, mentre regge una croce ornata di rose, simbolo del suo sacrificio, ma anche di nuova vita per gli uomini.
A4 San Carlo Borromeo
Scuola lombarda, olio su tela, fine sec. XVII
S. Carlo Borromeo (1538-1584), di nobile famiglia lombarda, divenne cardinale all’età di ventidue anni, quindi arcivescovo di Milano. Egli fece della sua diocesi un modello di gestione pastorale. Riteneva essenziale per la vita della Chiesa Ambrosiana il contatto personale del Vescovo con il clero e con il popolo e in questa direzione si pose l’istituzione delle “visite pastorali”. Uno storico del tempo così commentava la novità di questa iniziativa: “Ai contemporanei risultò inaudito che un cardinale si recasse nelle più lontane parrocchie e chiese, per strade impervie, a somministrare personalmente la Cresima e l’Eucarestia, a predicare ai montanari e pernottare nelle misere case dei parroci accontentandosi di pane, latte e castagne”.
Egli divenne un punto di riferimento essenziale per la popolazione. Durante la pestilenza del 1576-1578 e la seguente carestia, San Carlo si prodigò personalmente, assumendo il ruolo non solo di guida spirituale ma anche sociale e politica.
Fu canonizzato nel 1610.
San Carlo è una delle figure più largamente rappresentate nell’arte della Controriforma. Ha tratti somatici caratteristici: volto emaciato, fronte alta e naso aquilino. Solitamente indossa le vesti cardinalizie e la berretta rosso porpora. Suoi attributi sono il libro delle preghiere e, soprattutto, il Crocifisso. Carlo apparteneva a una famiglia ricca e potente, ma rinunciò a tutti gli agi per l’amore di Cristo, unica vera ricchezza. Il Crocifisso testimonia la grandezza di questo amore che si dona completamente.
A5 S. Francesca Romana distribuisce il pane ai poveri
di Luigi Morgari (1857-1935), olio su tela, 1923
A6 Calotta cupola sovrastante presbiterio
Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo, contemplata da S. Francesca Romana e S. Rosalia (Fig.2)
di Luigi Morgari (1857-1935), affresco, 1932 restaurata nel 2010
A7 La Prima Comunione di S.Rosalia
di Luigi Morgari, olio su tela, 1926
L’elemento più ricorrente nell’iconografia di S.Rosalia è la corona di rose che, oltre ad essere simbolo di devozione mariana, rimanda al nome della santa e al Rosario, spesso raffigurato accanto a lei.
Le notizie sulla vita di questa santa sono poche e in parte leggendarie, ma la sua figura è una delle più conosciute e venerate dai fedeli siciliani e in particolare da quelli palermitani.
Figlia di un nobile feudatario, Rosalia Sinibaldi nacque a Palermo nel XII sec., in un periodo di rinnovamento religioso e fioritura monastica, favorita dai nuovi dominatori normanni. In questo clima di fervore spirituale s’inserì la vocazione eremitica della giovane Rosalia che lasciò la vita di corte e si ritirò in preghiera in una grotta sul monte Pellegrino
dove, secondo la tradizione, morì il 4 settembre 1160. Verrà canonizzata da papa Urbano VIII nel 1630.
Il culto della santa era già diffuso nel XIII sec., ma la sua fama si accrebbe quando, nel 1625, mentre a Palermo ormai da mesi infuriava la peste, la città fu liberata dal terribile morbo, dopo che le ossa riconosciute di S. Rosalia furono portate in processione da tutta la popolazione, così come la santa aveva indicato, apparendo a un giovane cacciatore.
Da allora il forte legame tra la città e la sua “Santuzza”, come è affettuosamente chiamata dai palermitani, si rinnova ogni anno con una grande festa e un pellegrinaggio al Monte Pellegrino. S.Rosalia divenne compatrona della nostra chiesa nel 1673, quando si procedette alla benedizione della parte di edificio fino ad allora costruita: coro e presbiterio.
A8 Cappella di S. Francesca Romana
S. Francesca Romana e il suo Angelo
di Christian Delago, scultura in legno, 1940 (nel 5° centenario della morte).
S. Francesca Romana (1384-1440) era una nobildonna romana. Sposa e madre, oltre a prendersi cura del marito infermo per le ferite riportate in guerra, si dedicò alle opere di carità, soprattutto ad alleviare le sofferenze degli appestati. Fondò nel 1433 una comunità di donne, le oblate benedettine di Monte Oliveto. Francesca si unì alle sue compagne, come superiora, dopo la morte del marito. Ebbe da Dio il dono speciale di sentirsi sempre accompagnata da un Angelo luminoso che vedeva accanto a sé, giorno e notte.
Fu canonizzata nel 1608 e venne raffigurata dopo quella data nelle opere d’arte. Solitamente indossa l’abito nero con il cappuccio bianco della sua congregazione. Davanti a lei un angelo regge un libro aperto sul quale si legge: “Tenuisti manum dextram meam et in voluntate tua deduxisti me, et cum gloria suscepisti me” - “Tu mi hai preso per la mano destra. Mi hai guidato con il tuo consiglio e poi mi hai accolto nella tua gloria”.
Dichiarata compatrona di Roma, la venerazione per lei si diffuse anche altrove ad opera degli Olivetani che la considerano loro madre spirituale e la proposero anche patrona degli automobilisti (decreto di Pio XII del 1951).
B. Itinerario CHARITAS et SCIENTIA
La quadreria agostiniana
B1 Ritratto del Cardinale Alfonso Litta
Scuola lombarda, olio su tela, seconda metà XVII secolo
Arcivescovo di Milano dal 1652 al 1679, il Cardinale Litta (1608-1679) fu grande fautore e protettore degli Agostiniani Scalzi. La dedica dipinta alla base della tela ne è la conferma: “L’Eminentissimo Alfonso Litta che, come Legato pontificio, ci chiamò ad Ascoli e Macerata e che qui, come Arcivescovo di Milano, ci volle bene”.
B2 Ritratto di Don Antonio Nuñez
Scuola lombarda olio su tela, seconda metà XVII secolo
Benefattore degli Agostiniani, grazie alle sue elargizioni fu possibile innalzare le fondamenta della chiesa (1662), come indicato nella iscrizione latina dipinta in basso alla tela.
Interessante notare che il personaggio viene ritratto con gli occhiali in mano.
B3/ B8 Santi Agostiniani
Scuola lombarda, olio su tela, XVII secolo
B9 Madonna della Cintura con i Santi Agostino e Monica
Attribuito a Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (Montabone 1568 – Moncalvo 1625), olio su tela, inizi XVII sec.
Il tema della Madonna della Cintura si ritrova nella “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varagine, testo medievale e fonte di ispirazione per molti artisti. Vi si legge che Maria, mentre viene assunta in Cielo con il proprio corpo, lascia cadere la cintura all’apostolo Tommaso, ancora una volta incredulo, perché non presente all’avvenimento.
La tradizione agostiniana fa invece riferimento a una visione avuta da S. Monica, madre di S.Agostino, in cui la Madonna le consegna la propria cintura come segno di speciale protezione per i seguaci del figlio. Per questo una cintura di cuoio ha sempre fatto parte dell’abito degli Agostiniani.
B10 San Nicola da Tolentino
Scuola lombarda, olio su tela, fine XVII secolo / inizi XVIII sec.
Eremita agostiniano (1246ca-1305), trascorse gran parte della sua vita a Tolentino, dove si dedicò alla predicazione e alla cura degli ammalati. Si narra che molte furono le guarigioni ottenute grazie alle sue preghiere e ai piccoli pani consacrati che, più tardi, presero il suo nome. In particolare questo santo veniva invocato contro la peste.
Egli indossa il saio nero dell’Ordine Agostiniano. Nelle raffigurazioni medievali e rinascimentali compare sopra di lui una stella o sul suo petto un sole, allusione all’astro lucente che, si dice, lo seguisse nei suoi spostamenti, illuminandone la figura. Il suo più comune attributo sono i gigli.
B11 San Tommaso di Villanova
Scuola lombarda, olio su tela, fine XVII secolo/inizi XVIII secolo
Santo spagnolo (1488-1555), famoso per la sua carità. Fin da bambino seguì l’esempio dei suoi genitori, generosi nel donare elemosine. All’età di sette anni, si dice donasse i suoi abiti e il suo cibo ai bambini poveri. Più tardi entrò nell’Ordine Agostiniano e nel 1544 divenne vescovo di Valencia. Per tutta la vita si distinse per le sue opere caritatevoli.
Viene solitamente ritratto in paramenti episcopali, con in mano una borsa di denari al posto del pastorale. Nella pittura del XVII secolo è quasi sempre raffigurato nell’atto di distribuire elemosine ai poveri che lo circondano.
Scuola lombarda, olio su tela, inizi XVIII secolo
Sant’Agostino di Ippona (354-430), filosofo e teologo, è uno dei quattro grandi Dottori della Chiesa latina occidentale. Nato a Tagaste, nell’odierna Algeria, il padre era pagano, ma la madre Monica lo aveva allevato nella fede cristiana. Dopo un periodo di vita scapestrata, ma anche di studi filosofici, si convertì grazie al prezioso contributo di Ambrogio, vescovo
di Milano, da cui si fece battezzare nel 387. Tornato in Africa, fu ordinato sacerdote e nel 395 divenne vescovo di Ippona. Agostino è in genere raffigurato in abiti vescovili, con mitra e pastorale. Suo attributo è un cuore ardente, simbolo del suo fervore religioso, o trafitto da una freccia (da un passo delle “Confessioni”: “Tu hai colpito il nostro cuore con l’amore e, come frecce infisse nel cuore, portiamo le Tue parole in noi”) Santa Monica (331-387), madre di sant’Agostino, svolse un ruolo rilevante nella sua conversione, come egli stesso afferma nelle “Confessioni”.
Monica appare vestita di nero, talora con un velo bianco, tiene in mano un libro e spesso è raffigurata accanto al figlio.
C. Itinerario La MADONNA di MONTSERRAT
Tra storia e leggenda
C1 Carlo III d’Asburgo rende omaggio alla Madonna di Montserrat
Autore ignoto, olio su tela, XVIII secolo
Il giovane Carlo III d’Asburgo, futuro imperatore con il nome di Carlo VI, fu inviato a Barcellona durante la guerra di successione spagnola (1702-1714). In un momento critico del conflitto, si recò in pellegrinaggio al celebre santuario di Montserrat. Carlo III viene raffigurato mentre compie il gesto di deporre la propria spada ai piedi della Madonna. Era il 25 giugno 1705 come dice un’iscrizione che ricorda l’avvenimento, conservata nel santuario.
C2 Rinvenimento della Madonna di Montserrat
Autore ignoto, olio su tela, inizi XVIII secolo
Narra la leggenda (IX secolo) che alcuni pastori, nei pressi di una grotta sulla montagna del Montserrat, avevano avuto una miracolosa visione di luci e musiche celestiali. Quando aprirono la grotta, alla presenza del vescovo di Barcellona, vi trovarono un’antica statua della Madonna con Gesù Bambino in grembo. Inutili furono i tentativi di riportarla a valle e così la statua rimase nel luogo dove poi fu eretto un monastero benedettino (XI secolo), ampliatosi nei secoli successivi.
C3 Altare maggiore, in marmi policromi e intarsiati.
Realizzato tra il 1724 e il 1726
Al centro dell’altare, una grande statua lignea raffigura la Madonna di Montserrat, non secondo l‘immagine originaria risalente all’XI-XII secolo, ma come appariva in epoca barocca, riccamente abbigliata e con vari ornamenti, come la corona a raggiera. La Vergine è seduta su un trono e tiene in grembo il Bambino Gesù che benedice con la mano destra e con la sinistra sostiene il globo terrestre. Anche la Madonna regge un globo con la mano destra, mentre con la sinistra, in un gesto pieno di tenerezza, stringe a sé e protegge il Bambino. Non è noto il nome dell’artista che modellò la scultura, ma, negli archivi parrocchiali, è documentata la vicenda di sua moglie Margherita, che ”scampò dal morir di parto”, pregando la Madonna proprio davanti all’immagine che serviva da modello al marito.
Sulla sommità dell’altare, due grandi angeli lignei sostengono simboli della spiritualità agostiniana: il cuore fiammeggiante, la croce e l’ampolla con l’olio dell’unzione. I due angeli sostituirono, tra il 1797 e il 1805, le due aquile bicipiti, emblema degli Asburgo, collocate in origine.
C4 Miracolo della principessa Richilde che esce viva dal luogo dove era stata sepolta
Autore ignoto, olio su tela, inizi XVIII secolo
Narra la leggenda (IX secolo) che la giovane principessa Richilde, tra la commossa meraviglia della madre e del padre, conte Wifredo di Barcellona (840-897), uscisse miracolosamente viva dal luogo, sul Montserrat, dove era stata sepolta, vicino a una grotta dove era stata provvisoriamente collocata una statua della Vergine, miracolosamente ritrovata.
OPERE FUORI ITINERARIO
1 La Deposizione di Cristo
Scuola lombarda, olio su tela, XVIII secolo
La tela è una copia dell’opera di Giulio Cesare Procaccini, realizzata nel 1620 circa e ora conservata al Museo Puskin di Mosca.
Giulio Cesare Procaccini, “Deposizione di Cristo”, 1620
2 Crocifissione
Autore ignoto, terracotta policroma, prima metà XVIII secolo
Il gruppo fittile, raffigurante Cristo in croce, Maria sua madre, Giovanni evangelista e il tradizionale teschio d’Adamo ai piedi della croce, si trovava originariamente nella Cappella del Crocifisso. Questa piccola costruzione, edificata nel 1630 all’epoca della peste manzoniana, sorgeva al centro del Foppone di San Gregorio. Il termine “foppone” derivava dal milanese “foppa”, cioè fossa, e indicava i luoghi extraurbani destinati alla sepoltura degli appestati. Il Foppone di San Gregorio serviva al vicino Lazzaretto e sorgeva a fianco dell’attuale via San Gregorio.
Il gruppo della Crocifissione venne trasferito nella chiesa di S.Francesca Romana nel 1807.
3 Il riposo della Sacra Famiglia, durante la fuga in Egitto.
Luigi Morgari, olio su tela, 1923
Dettaglio dalla chiesa di San Carlo al Lazzaretto
Santa Francesca (nata a Roma nel 1384) ebbe in vita il privilegio di vedere al suo fianco un Angelo che diventava splendente nelle ore notturne. Così poteva agevolmente spostarsi di notte senza bisogno di una lampada e leggere al buio le sue preghiere.
Breve storia della chiesa e della parrocchia.
Trae origine da una chiesina extraurbana del 1610 dedicata a Santa Francesca Romana (1) per il culto degli abitanti di alcune cascine, chiamate “cassinelle”, troppo distanti dalla chiesa parrocchiale di San Babila. Con la successiva fondazione del convento che gli Agostiniani Scalzi costruiscono sul terreno attiguo donato dalla famiglia Serbelloni, nel 1662 iniziano i lavori per una nuova chiesa che nel 1740 viene consacrata al culto e dedicata alla santa romana, insieme a S. Rosalia palermitana. Nel 1787, con la riforma dell’austriaco Giuseppe II, S. Francesca R. diventa sede parrocchiale annettendo una parte del territorio di San Babila, mentre la primitiva chiesetta, in precedenza rinominata Oratorio della Santa Croce, non potendo più essere luogo di culto, viene utilizzata come scuola. Gli avvenimenti storici successivi portano alla requisizione del convento, poi divenuto sede della scuola di veterinaria, e all’allontanamento degli Agostiniani, mentre la chiesa dopo diverse traversie (2) viene ridotta al solo edificio per il culto. Gli interventi operati sulla chiesa nei primi decenni dell’800, non di grandissimo rilievo, mirano soprattutto al miglioramento degli interni. Determinante è, invece, l’opera del prevosto Mazzoleni (1865-95), che, dopo aver fondato l’oratorio di San Giuseppe (3) e acquisito San Carlo al Lazzaretto, fa costruire il nuovo campanile, la nuova casa parrocchiale (utilizzando anche lo spazio della primitiva chiesetta), ed infine completa la facciata nell’aspetto attuale. Altrettanto significativi sono gli interventi del prevosto Martinoli (1918-34) rivolti inizialmente all’abbellimento dell’interno della chiesa con affreschi, tele e arredi vari. Successivamente, il trasferimento dell’istituto di veterinaria nella Città Studi insieme alle demolizioni degli edifici per l’apertura di via Cadamosto, gli offrono la possibilità, pur onerosa, di un importante ampliamento della chiesa, con la revisione dell’assetto interno, dall’originaria pianta centrale alla pseudo-croce latina di oggi. Viene allargato il presbiterio ponendovi al centro l’altare, creato un transetto di destra con l’abitazione dei sacerdoti al piano superiore e ricavata una nuova sagrestia con l’archivio. Gli anni successivi vedono importanti lavori di restauro e la costruzione del nuovo Battistero. Negli anni ’60, infine, viene edificata la nuova casa parrocchiale di via Cadamosto (4) e si opera la sistemazione definitiva dei due transetti nelle proporzioni attuali, creando la nuova sagrestia con l’ archivio, e liberando lo spazio per la Cappella di Maria Bambina.
(1) morta nel 1440 e canonizzata nel 1608
(2) per tre mesi i Francesi la utilizzano come deposito d’armi
(3) fondato nel 1878 in via San Gregorio, viene spostato in via Redi nel 1903
(4) la vecchia casa di via Spallanzani, ristrutturata nel ’99 diventerà Centro di accoglienza per le famiglie di rifugiati politici