«Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, non appena lo vide si gettò ai suoi piedi, dicendogli: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!". Gesù, quando la vide piangere, e piangere con lei anche i Giudei che l'avevano seguita, tremò dentro e molto turbato domandò: "Dove lo avete posto?"...» (Gv. 11,32-34).


Il sentiero che sale verso Betania mi appare, stamattina, più ripido e scosceso di sempre: quasi lastricato di ciottoli e ferite, che il tempo della prova vi ha riversato. Il racconto del testimone lo dipinge denso e breve: non più di tre chilometri oltre Gerusalemme; poche miglia di ansia e di speranza da percorrere insieme, per l’infausta notizia del perire di un fratello. Eppure, io lo rivivo a modo mio, come uno spazio dilatato, trasformato e  straziante in cui, fra molte cose e altrettanti gesti, ne accade uno impressionante, perché quando inizia a brillare mi fa rinascere. Su quella pista, dura e sabbiosa, non mi accontento infatti di distinguere in lontananza la casa degli affetti: la dimora di Lazzaro. Non mi basta neppure gustare la fede straziata di due donne, sorelle coriacee e sublimi, dentro il frastuono di un'ambigua devozione che le incalza. Nemmeno lascerò che a inchiodarmi sia la nuda evidenza di un sepolcro di sasso e del suo odore di morte: presenza assente, che innesta il sospetto, sfidando l'Amore: "se tu fossi stato qui!". Certo, se tu fossi stato qui, Signore, ... quando la gente ha preso ad ammalarsi, a coprirsi il viso e le mani, a isolarsi nei suoi villaggi, ad evitare il pericolo anche di un solo contatto che fino all'altro ieri era gesto ospitale. Se Tu ci fossi stato, per davvero, noi l’avremmo scampata anche stavolta! E invece, dov’eri? Cosa faceva tuo Padre, il Signore del cielo e della terra, quando il grido della solitudine esplodeva? Tutto vero. Tutto legittimo. Tutto sacrosanto: sulla strada di Betania. Eppure, stamattina – se ti va, insieme a te - vorrei spingermi oltre, per non perdermi un solo istante di quell’altra scena, di quell’altro quadro, mai visto prima d’ora, in cui un Figlio di Dio inarrestabilmente piange. Percepisco il suo fremito, i suoi brividi, le sue lacrime, i muscoli e la pelle che si tendono. E solo ora capisco cos'è “Dio nella sua gloria”: nella sua rivelazione più potente: per noi inservibile, per noi  impensabile. Scopro dove sostava, cosa faceva la forza di un Amore, eterno e attuale, di fronte al flagello che percuote questi miei figli deboli, queste nostri tempi incerti! Sapere per certo che Gesù sta piangendo di dolore per ogni persona che muore soffocata, per ogni medico che si sacrifica, per ogni famiglia che resiste alla paura... proprio come ha pianto di gioia quando ci ha messi al mondo, vale per me più di un miracolo: più di un corpo bendato e fasciato che viene finalmente sciolto. Vi rivedo la nube dell'esodo che ripara Israele dall’incombere del nemico, mettendosi in mezzo come un bersaglio. Mentre inizio con te a contemplare un uomo di trent’anni, un Dio Crocefisso, che ha preso il mio posto, proprio quando tutto sembrava finito: quando l’assurdo sostituiva il reale, per riscattare nella sua carne la mia fiducia. Vedi: Dio non è affatto lontano. Non ti ha voltato le spalle. Piange, piuttosto, con me e con te sulla medesima strada: provando a rimettere in piedi ciò che le nostre folli distrazioni hanno messo in ginocchio! Con sincero affetto, dD

× Attenzione! Testo dell'errore